Prima molto prima della satanizzazione dello sconosciuto, esistevano leggende sulle donne serpente.
Queste donne magiche vivevano nelle sorgenti che sgorgavano da grotte buie e infinite, nelle profondità dei laghi, vicino ai fiumi e ovunque ci fosse un ruscello o un rivolo d’acqua. Avevano molti nomi: Acquane, Anguane, Guandàne, nomi attribuiti dalla gente dei villaggi sorti vicino ai corsi d’acqua abitati dalle donne serpente.
Erano donne bellissime, sinuose, dagli occhi incantatori e lunghissimi capelli di seta. Potevano mutare forma e vivere a lungo sia dentro l’acqua che sulla terra.
Si narra che furono proprio le Anguane a creare le fonti d’acqua che permettevano la vita di animali e persone; scavando nelle viscere della terra facevano zampillare i fiumi sotterranei, creando sorgenti d’acqua purissima.
Queste donne magiche erano amate e rispettate, creatrici di vita e dispensatrici di doni.
La gente dei villaggi, grata per l’acqua che permetteva loro di vivere e irrigare i campi, ogni sera organizzava i cosiddetti “filò”, vere e proprie offerte di storie alle Anguane, le quali ne erano affascinate.
E così, la sera, davanti a una candela la gente dei villaggi si riuniva per narrare o cantare le storie, disponendo posti a sedere in più come offerta d’ospitalità per le magiche creature. Affinché le donne serpente potessero sentirsi le benvenute.
Durante queste serate poteva nascere l’amore tra la creatura dell’acqua e l’uomo, spesso non era una buona cosa, perché gli uomini non capivano la necessità delle Anguane di rimanere libere, per tornare alla sera a lodare le loro madri: l’Acqua e la Terra.
Per strisciare come serpenti nel buio affinché le sorgenti non smettessero di zampillare, per nuotare nelle profondità dei laghi e ripristinarne l’equilibrio, controllare i fiumi e liberare il loro fluire da detriti e ostacoli.
O semplicemente per ballare danze arcane e antiche come l’acqua, insieme alle loro sorelle.
No, gli uomini le volevano tenere accanto a sé giorno e notte. Per ottenere questo le ingannavano con la menzogna, obbligandole a rimanere al villaggio, pena la fine dell’amore.
Pure com’erano non conoscevano la menzogna; pratica totalmente umana perché in natura non esiste e le Acquane non la comprendevano. Così, rimanevano accanto ai loro innamorati, generavano figli e finivano per adempiere alle faccende domestiche. Ingannate, irretite, addomesticate, schiave della brama dell’uomo, donando tutte se stesse alla prole.
Ascoltando il canto funebre delle sorelle libere che le chiamavano indietro, morivano spesso in giovane età.
L’arrivo della paura per lo sconosciuto e per le donne di magia, costrinse le Anguane a nascondersi fino a scomparire nel folto delle foreste, giù nel fondo di grotte e buchi, o nelle profondità dei laghi.
Ciò che le fa tornare è la compassione verso le loro simili, quelle donne che non hanno ancora scoperto la donna serpente che le abita nel profondo, e che ancora si fanno imprigionare dalla brama di possesso travestita d’amore.
Per questo di notte tornano, risalendo le lacrime delle donne scavano uno spiraglio di consapevolezza nella falsa trama della storia. Liberano dai detriti un nuovo inizio, permettono all’energia di fluire e fanno zampillare la creatività.
Simbolismo
Un po’ del simbolismo benefico del serpente è rimasto in qualche antica conoscenza ed è resistito fino ad oggi, una prova è il Cobra nella corona del Faraone che cingeva il disco solare e quindi simbolo creativo delle divinità solari.
La Kundalini simbolo dell’energia vitale.
Il simbolismo indiano: i Nagas, guardiani dei templi, insieme alla vacca e alla scimmia, il serpente era l’emblema della vita che si rigenera, grazie anche al loro elemento: l’acqua.
Enrica