Sono figlia di mia madre, ma prima ancora ero figlia di me stessa. Ho dato alla luce mia nonna e ho allattato la mia trisavola. Chi può dire chi ero e chi sono stata. E chi sono ora.
Vittima e carnefice di me stessa, ho trasformato il mio cuore in pietra, ho evidenziato le crepe con il blu, l’ho colorato di rosso e l’ho consegnato alla terra. Era un carico troppo pesante, non lo potevo più tenere.
Ma una cantastorie senza cuore perde anche la voce e non entra più il respiro, le si chiudono le labbra, gli occhi, e le si tappano le orecchie. Ero in apnea, nelle profondità delle acque. Non cercavo di risalire, era il mio nuovo mondo. Sono rimasta a fondo per anni. Credevo di poter vivere nell’assenza.
E invece ogni parte di me si stava trasformando in roccia, e il peso mi portava sempre più in profondità, mi sono adagiata sul fondo per dormire.
Ho riposato, e ho sentito la portata del silenzio.
Le storie hanno smesso di venirmi a trovare, la mia pelle ha smesso di sentire, ero solo uno scoglio in fondo al mare.
Potevo sopravvivere senza voce, senza luce, senza musica, senza sentire la mia pelle e senza il mio cuore; ma senza storie non potevo esistere.
E per le storie serve il cuore.
Ho aperto gli occhi e nel buio filtrava qualche sbiadito spiraglio. Ho avuto paura, non sapevo dove andare. Ho lasciato il fondo, e le correnti mi hanno riportata in superficie, in mezzo alla tempesta. Fa male respirare, l’aria è intrisa di spine, il cielo plumbeo viaggia veloce portato dal vento. Non ho modo di salvarmi, sono nuda, esposta e in balia degli elementi.
Nessun appoggio, nessun appiglio. E in questo stato vulnerabile e fragile la sento arrivare. All’inizio è come un debole soffio quasi impercettibile, poi immagini opache aprono la porta del pensiero e la fanno entrare, è lei, una Storia. Chiedo il motivo di cotanta grazia e mi sento immeritevole perché il mio cuore non è tornato a dimora.
Potrà mai perdonarmi? Potrò mai essere all’altezza?
Lo devo cercare. Povero il mio cuore abbandonato, trasformato il lapide e sotterrato. Mentre, in verità, ho pietrificato ciò che ero, che sono e che voglio essere.
Sono una cantastorie, ascolto le rondini, intavolo discorsi con i merli e ho falchi per amici. So quanto calore può emanare un albero e odo cosa dice il vento. Cammino scalza perché senza sentire la terra non so stare, e raccolgo le memorie dalle acque più profonde.
Mi sono data alla luce e ho preso nutrimento dal mio stesso seno. Sono stata molte donne, ho amato e odiato, ho abbottonato il colletto fino al mento e ho pregato per essere invisibile.
Sono tutto e il suo contrario. Filo pulsioni e annodo emozioni, per poi creare arazzi di sentimenti e ricominciare al prossimo ciclo di Luna, mentre attendo di essere condotta al cospetto del mio Cuore rinnegato per essere giustiziata.