Eccoti grigio signore, ora ti vedo nel tuo mantello di nebbia. Ci hai provato, lo so, e so anche quanto, ma non ci sei riuscito.
Eccomi ancora qua, a cercare rime in poesie che tu consideri melliflue e stomachevoli.
Eccomi, mentre racconto l’amore nel mio nuovo libro.
Eccomi.
Eccomi calda come una mattina d’estate, quelle estati clementi e piovose. Limpide estati dalle albe mattiniere di quel corallo intenso che sale dal mare.
Calda come una mattina d’agosto dopo la pioggia, quando l’afa ritira il suo manto e le nubi cambiano la pagina del cielo.
Calda così, di un calore piacevole mai soffocante, quando la pelle appare fresca e ci si può sciogliere i capelli.
Eccomi, pigra come pioggia d’autunno.
Eccomi come brina di gennaio sulla terra chiusa come uno scrigno.
Eccomi, sono primula e viola ciocca, margherita nascosta.
Eccomi, non ci sei riuscito, rammendo gli strappi del mio vestito.
Eccomi, non c’è speranza e nemmeno rammarico, so che sono ancora in piedi davanti ad un altro scenario.
E le parole, mie compagne, arrivano in fila ordinata danzando sinuose come ballerine alla Scala.
Sono qui, e potrei essere da qualsiasi altra parte.
Indosso i brandelli di quel che rimane, sembrano rami di salice leggeri e mossi dal vento che li fa sussurrare come amanti in un ballo lento.
Eccomi qui con la mia poesia, sogni d’amore e parole di zucchero, mentre sfioro lieve questa pagina con l’inchiostro.
Carezza timida e insicura ma faccio solo quel che so fare, permetto all’amore di raccontare. Ma ti vedo, triste signore, so che mi accompagni e mi tieni d’occhio.
Ora so badare a me stessa ti puoi rilassare, sono una vecchia ragazza che crede nell’amore.
Cosa posso dire, sono fatta così
ci hai provato a cambiarmi ma eccomi ancora qui.