“Dalla carne di Ymir (il gigante, il primo degli esseri)
fu fatta la terra,
e dal sangue il mare,
le montagne dalle ossa,
gli alberi dalla chioma,
e dal cranio il cielo.
E dalle sue ciglia
fecero gli dèi clementi
Miðgarðr (dimora degli uomini) per i figli degli uomini,
e dal suo cervello furono tutte le minacciose nubi create.”
Tratto da: “Edda” di Snorri Sturluson 1179-1241 storico e poeta islandese, traduzione di Gianna Chiesa Isnardi.
Si tratta di poemi trascritti per impedire che la cultura politeista delle popolazioni norrene (del nord) andasse persa o dimenticata; c’è da considerare che i poemi venivano tramandati oralmente per una sorta di esclusività e segretezza.
Il poema, infatti, era costruito da componimenti lirici dal suono musicale ed evocativo per essere meglio memorizzato, pur essendo spesso abbastanza esteso.
Poema e poesia derivano dal greco poÍēsis: faccio, produco, creo.
Nel grande lavoro di Snorri Sturluson di ricerca e trascrizione di memorie e poemi antichi sulla mitologia norrena, troviamo questo estratto sulla visione nordica classica della Creazione (cosmogonia). Mi ha colpito molto che il cervello fosse considerato come “nubi minacciose”, e ho voluto riflettere su questa associazione.
Chissà se il poema alludesse alle nubi come pensieri tetri, negativi, o paure, oppure il pericoloso pensiero conformistico, ordinario e manovrabile.
Non saprei con certezza. Si sa che il cervello non è pericoloso e non crea nessun pensiero ostile da solo, per questo va educato e abituato al non ordinario. Allenato, cioè, a vedere oltre le situazioni, le credenze, i dogmi, e il mondo che ci garbuglia intorno. Un grande lavoro non c’è che dire, tanto quanto doveva essere, in tempi antichi, mettere al riparo bestiame, raccolto e abitazioni dalle “nubi minacciose”, appunto.
Quindi, secondo me, il poema si riferisce proprio a questo: al pericolo di un pensiero non cognitivo.
Le “nubi minacciose” arrivano comunque, ma se siamo allenati a vedere oltre, non c’è nulla da temere.
Enrica