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Radio Insomnia (seconda parte)

INTRODUZIONE

Nella seconda parte accade la follia d’amore, cos’è per te folle? Saresti in grado di lasciarti andare? Di che tipo di follia avresti bisogno?

La follia dell’innamoramento è una delle prove iniziatiche più potenti, per quanto sia disgregatrice, penso sia l’unica via per togliere gli strati dei condizionamenti che ancora ci imprigionano in vite preconfezionate, non in linea con il progetto di Anima.

Diciamo che questo laboratorio di scrittura ci farà dialogare con Anima, ne scriveremo delle belle!

In questa seconda parte ho scritto usando ancora la prima persona, diciamo che sta accadendo tutto dal punto di vista di Iris (Psiche), questa volta, però, il metodo narrativo è più confidenziale, come se Iris parlasse a un ipotetico ascoltatore.

Lasciati ispirare…

Buona lettura!

 

RADIO INSOMNIA

(seconda parte)

 

Continuai ad ascoltare Radio Insomnia per altre 4 notti, ed ero quasi contenta di svegliarmi, anzi, per dirla tutta mi tenevo occupata fino all’una di notte per non perdere l’inizio del programma.

Mi segnavo le poesie che recitava lo speaker e facevo delle ricerche nel caso non conoscessi gli autori, e la mia creatività fremeva. Non mi era mai successa una cosa di questo tipo, mai nella vita, giuro!

Ero un fiume, scrivevo versi senza sosta, non rimanevo mai a corto d’ispirazione e, anche se non lo avrei ammesso nemmeno sotto tortura, dentro il mio stomaco si stava radunando un meeting a livello mondiale con ogni specie di farfalla.

E con questo mode: farfallicida alla mano e faccia inespressiva da guardia reale britannica, mi barcamenavo come un automa tra i vari impegni.

Se mi ritrovavo a fremere aspettando la voce di Luca, sì, Luca, voce sexy aveva anche un nome, cercavo disperatamente di riprendere il controllo pensando fosse solo entusiasmo da iperattività creativa e ritrovata ispirazione.

Non ci potevo fare niente, l’iper-controllo emotivo che mettevo in auge nel mio quotidiano, si contrapponeva in modo artistico-funzionale all’assoluta mancanza di controllo che accadeva nell’intimità della stesura dei miei versi.

Devo fare un esempio per farmi capire, dunque, tutte le emozioni represse della mia controllatissima personalità composta e introversa, esplodevano e proliferavano come Gremlins in contatto con l’acqua (se non sai cosa sono i Gremlins ti sei perso un film cult degli anni 80, cerca di rimediare), era qualcosa di estatico, catartico, orgasmico. Le parole diventavano note musicali di sinfonie eroticamente armoniose.

Il tutto nell’arco di soli 4 giorni, è importante sottolinearlo perché io ero una di quelle persone convinte che i cambiamenti dovessero avvenire con dei tempi dilatati e dopo lunghe riflessioni e acquisizioni interiorizzate a più mandate, invece no, in 4 giorni non ero più io.

Sì, insomma, almeno quando ero al sicuro nella privacy di casa mia. Ah, cosa importante, il pigiama grigio topo bucato diventò stracci per lo spolvero, e fu sostituito da un altrettanto comodo pigiama, non si facciano colpi di testa per favore, nero con tre bottoncini a forma di cuore che valorizzavano la scollatura molto ampia.

E poi, all’improvviso lo scoppio definitivo, la Torre dei Tarocchi, il Big Bang, l’Asteroide Chicxulub, tutti insieme!

«Salve, parlo con Iris?»

Non si risponde mai con un sì al telefono e di sicuro non a questa domanda. «Chi parla?»

«Sì, scusami, sono Luca di Radio Insomnia, parlo con Iris?»

BOOM!

«Sci»

«Come?»

«Sì»

«Ti chiamo perché hai vinto il primo premio del concorso “poesia insonne”, complimenti davvero. Ho scelto personalmente la tua poesia.»

«Poesia?» Io non mi ricordavo niente!

«Non sei l’autrice di “Pigiama Bucato”?»

«Oh mio dio! Mi stai dicendo che quella poesia senza senso, scritta con la febbre, ha vinto?»

Taglio corto ma la conversazione durò parecchio, tra la mia incredulità e la sua curiosità. Pretese che gli raccontassi della febbre e tutto il resto. Finii anche per dirgli cose che avrei potuto benissimo omettere ma era come se lo conoscessi da sempre, pur con la componente di un batticuore assurdo, tanto che mi fischiavano le orecchie, non mi controllavo in nessun modo, e mi resi conto di aver detto cose che facevo meglio a non dire, tipo: «no, perché, devi sapere che ho vomitato l’anima quella notte, e se fossi morta mi avrebbero ritrovata al lunedì successivo con la testa nel cesso circondata dagli escrementi del mio cane.»

Era necessario?

Anche no.

Oramai il danno era fatto, e comunque lui rideva delle mie disavventure, cioè, rideva con me, non di me. Alla fine, abbiamo parlato per un’ora e io, finita la conversazione, mi sentivo strana.

Volle persino che gli leggessi le poesie che avevo scritto negli ultimi 4 giorni perché, ovviamente, la mia pazzia era stata così incontenibile da dirgli anche delle mie poesie orgasmiche; eh sì, avevo usato proprio la parola orgasmiche.

Io. Io che non mi aprivo con nessuno, io sempre composta e silenziosa, io che riuscivo a dire due cose di me solo alle amiche più strette, io che non mi lasciavo mai andare.

Da lì a un paio di giorni ebbi il mio piccolo momento di gloria in diretta radiofonica, dove fui invitata a leggere quelle quattro frasi febbrili di “pigiama bucato”. E, a fine diretta, mentre mandava in onda un meraviglioso mix composto da Damien Rice, Amistat, Harrison Storm, e Fink, continuammo a parlare.

I toni erano carezzevoli, parlammo di niente, ci concedemmo silenzi, io per riprendere a respirare e per riportare nei ranghi qualche neurone che tentava la fuga, lui boh, non sapevo perché rimanesse in silenzio, ma era comodo e, quando riprendevamo a parlare, incalzavamo con nuovi argomenti e risate senza senso.
Io smisi di esistere in quel momento, o almeno tutto quello che credevo di sapere di me si sbriciolò come un biscotto.

Non so spiegare cosa mi fosse successo, so solo che bruciavo da dentro, ero in fiamme per questo Luca, e non sapevo niente di lui, nemmeno il suo aspetto, se fosse sposato, o qualsiasi altra cosa. Niente di niente! Eppure, ero persa, infiammata, costantemente eccitata, febbricitante, inquieta, folle, pazzamente innamorata.

Per la prima volta nella mia vita, il mio giudice interiore non parlava più. Ero in balia dei miei sensi, delle mie emozioni, delle mie pulsioni. Volevo quell’uomo, lo volevo e basta, anche se avesse avuto la pelle verde e le orecchie a trombetta, il mio fuoco non si sarebbe minimamente spento.

 

«Voglio vederti» mi disse.

«Ok» dissi io.

Gli scrissi il mio indirizzo e gli inviai il messaggio, alle 3:15 bussava alla mia porta, la casa era in disordine, insieme al sig. Giudice Interiore se n’era andato anche il suo amico dott. Maniaco Dell’Ordine, ero spacciata. Così spensi la luce e accesi un paio di lampade di sale, il disordine era meno visibile, certo, ma anche tutto il resto.

Tolsi pure gli occhiali per sembrare meno topo da biblioteca, sciolsi i capelli ma ormai la mia chioma sottile e priva di corpo non stava in nessun modo, e li raccolsi di nuovo in alto sulla testa.

Aprii la porta, lui disse ciao, io non dissi niente, lo feci entrare, mi guardava, io lo guardavo, non aveva la pelle verde e nemmeno le orecchie a trombetta, Bibi abbaiava.

Aveva un po’ di barba, i capelli chiari e spettinati, sembrava arrivato in moto senza casco, non lo vedevo in modo nitido, so solo che gli accarezzai i capelli spettinati.

«Sei arrivato a tutta velocità?» e mi avvicinai.

«5 chilometri in centro città in 10 minuti. Un record.» lui si avvicinò.

«Col motorino?» sussurrai sulla sua bocca.

«Bici.» rispose e mi baciò, mi sciolse i capelli, tremavo, nemmeno in quel momento così necessario fui raggiunta dai sig.ri Giudice e Controllo; mah, insomma, questi due rompi balle interiori perennemente occupati a criticare qualsiasi cosa facessi senza mai lasciarmi in pace un attimo, nel momento in cui ne avevo più bisogno se ne stavano zitti?

Lo sciopero del rimprovero e del controllo fu l’inizio di un disastro!

To be continued…

 

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