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Radio Insomnia (terza parte)

E fu così che in un attimo cambiò tutto. Iris perse tutte le sue certezze, la sua routine, e tutto quello che dava per scontato.

Non sarebbe stato possibile far arrivare l’amore in modo tranquillo.

L’amore li portò via, cambiò i progetti, disfò nidi e matasse, dissestò gli assesti, li lasciò febbrili in preda a sensazioni incomprensibili.

Poeti, poetesse, cantori e cantantesse, non esisterebbero senza di lui, senza Amore.

Lo disertarono come se fosse un mostro viperino, così come lo descrisse Apollo nella favola di Amore e Psiche, che col ferro e col fuoco rompeva equilibri e smantellava corazze.

Così com’è nella umana natura duale, potevano scegliere se seguire il Cuore o la Testa. Non venne loro in mente di far collaborare queste due forze. Poteva essere così semplice, e invece scelsero la via più difficile.

E fu così che Iris e Luca scelsero la testa, potrei raccontarti le loro ragioni, ma non sprecherò su queste futilità neanche una goccia d’inchiostro.

Ebbero paura, tutto qui.

È quel terremoto interiore che precede il volo della piccola rondine, ma a differenza delle rondini che vedono il vuoto come un mondo di meraviglie, Luca e Iris videro il vuoto come il luogo della morte.

Ed è vero, sarebbero morti nel vuoto, avevano infilato ruoli e maschere, oggetti materiali, convinzioni, idee e ideali nella saccoccia ormai troppo pesante, e invece di volare sarebbero colati a picco.

I giorni passarono senza che nessuno dei due si facesse sentire, Luca andava giù di brutto tra Nirvana, The Cure, e Leopardi. Intanto Iris era tornata alle sue notti insonni trascorse a cercare qualcosa che la tenesse occupata e non la facesse pensare “all’errore”. L’errore era Luca, ovviamente.

Il problema, se così si può chiamare, è che non era più possibile tornare “normali” dopo essere stati trafitti dalla freccia di Cupido. Si sforzarono, e molto, nel ritrovare un bilanciamento, non riuscendoci sembravano equilibristi precari tra ciò che stavano scoprendo di se stessi e ciò che erano e volevano tornare, anche se tornare significava spegnersi come fuochi durante i monsoni.

Tutto l’estro creativo di Iris si bloccò, non scrisse più una parola, versi poetici e racconti smisero di andarla a trovare, in cambio divenne efficientissima al lavoro, riordinò gli scaffali per genere e ordine alfabetico, catalogando addirittura i libri più letti, la Biblioteca brillava di pulizia e ordine, le email ai poveri ritardatari arrivavano puntuali e severe, come mai era successo.

L’unico momento in cui mostrava se stessa e la sua dolcezza innata era quando aveva a che fare coi piccoli lettori, per tutto il resto, Iris, era da un’altra parte.

Cercava in tutti i modi di dare un senso alla sua vita, e scoprì che non era nemmeno il senso quello che voleva, non le importava più niente di niente, sentiva solo che non era più interessata al senso delle cose. Aveva fatto esperienza della follia disgregatrice e non era più possibile ricomporsi nella vecchia forma.

In quelle settimane avviò una specie di lenta e inesorabile distruzione di tutto quello che era il suo mondo e la sua rassicurante routine.

Inviò curriculum e domande di ammissione a case editrici e non solo, anche scuole della prima infanzia, asili privati e comunali in varie città sparse nelle zone montane del nord, non avrebbe trascorso una sola estate in più nella Pianura Padana!
Ci sapeva fare coi bambini e, soprattutto le piaceva avere a che fare coi bambini.

Diede le dimissioni al suo ben retribuito e sicuro lavoro, e cominciò a impacchettare le sue cose, nella prospettiva di andarsene presto.

Successe tutto improvvisamente, un asilo privato di un piccolo paesino incastonato nella corona della Alpi aveva bisogno di aiutanti, e inviò celere una risposta.

Dopo nemmeno un mese da quella notte folle, Iris era su un treno con una valigia enorme e Bibi in braccio.

Giada la salutava e piangeva, Iris aveva una paura del diavolo ma non piangeva più, aveva versato abbastanza lacrime dopo che Luca le aveva detto che lui non era per le relazioni e non voleva legami.

Legami.

Che parola terribile, pensava Iris, in qualsiasi posizione si volesse mettere l’accento faceva schifo comunque: lègami o legàmi.

Iris non sapeva se volesse una relazione o meno, ma le sarebbe piaciuto scoprirlo, sperimentarsi, superare limiti e condizionamenti.

I legami invece le sembravano privi di senso, e non avrebbe mai voluto legami di nessun tipo. Non lo aveva detto a Luca, quella sera, ogni pensiero logico razionale si tuffò nella brodaglia ch’era diventato il suo cervello, disse solo “ok, stammi bene”.

Ok, stammi bene”, che minchiata.

Un’altra cosa sapeva molto bene: non voleva un uomo incapace di mettersi in gioco, di rischiare e di lasciarsi andare all’amore, ovunque questo portasse. Le dispiaceva per Luca e il suo passato doloroso, ma anche Iris aveva sofferto tanto, eppure, per Luca avrebbe rischiato.

Comunque sia, non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa le fosse successo e che cosa potevano diventare insieme perché lui aveva già deciso per entrambi: “scusami, sono stato precipitoso, tu mi piaci molto ma io non posso avere una relazione adesso, la mia vita è un autentico casino, lo faccio per te. Ti farei soffrire”.

Sparì dalla sua vita dopo una settimana di amore intenso, di sussurri, amore sfrenato, orgasmi, confidenze, parole e parole tra sorrisi e carezze.

Su quel treno che la portava via da tutto quello che era familiare, trovò un barlume di ispirazione e cominciò a scrivere:

Non piangerò adesso, non oggi, non su questo treno. Mi mordo le labbra, penso che vorrei tanto raccontarti che me ne sto andando, che la mia vita sta cambiando. Vorrei dirti che ho trovato quel coraggio che tu dicevi di vedere attraverso i miei occhi trasparenti come acqua di lago placido. Così com’era placido ascoltarti mentre ti accarezzavo i capelli e ti baciavo gli occhi chiari come il cielo la mattina presto. Abbiamo parlato così tanto in quei pochi giorni, tu sai più di me di qualsiasi altra persona, nemmeno Giada conosce tutte le pieghe che ho disteso con te, tra un bacio e una carezza. Sentivo tutto in un modo così potente che temevo di non riuscire più a respirare senza di te. Invece respiro. E mentre me ne vado vorrei solo raccontarti che sono su questo treno con una valigia enorme e Bibi che dorme tra le mie braccia, ma non posso…

To be continued

Enrica

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