La pazienza non è mai stata il mio forte, per gran parte della mia vita ho sempre avuto molta fretta. Fretta di arrivare, fretta di trovarmi, fretta di concludere o iniziare qualcosa. E proprio questa fretta mi ha fatta cacciare nei guai, molto spesso ho dovuto pentirmi di non aver aspettato qualche minuto, qualche giorno, o anche un anno in più.
Ora benedico il ritardo e accolgo i tempi sospesi, perché so che mi daranno il modo di riflettere ancora un pochino, di aspettare ancora e di attendere un nuovo giorno, il quale richiederà molta energia ed entusiasmo.
Esiste il tempo dell’azione, quando l’eroe (come direbbe Joseph Campbell nel suo libro “L’eroe dai mille volti” che vi consiglio) sente che è giunto il momento di partire, di fare un gesto significativo, un atto creativo, un movimento verso una nuova situazione. Ed esiste anche il tempo dell’attesa, un tempo che non è possibile definire in giorni, settimane, mesi o anni, può durare una manciata di minuti e può necessitare di decenni.
L’attesa ha una funzione importantissima, è la calma dopo il temporale che permette il fluire dell’acqua piovana e l’assorbimento lento nella terra.
È il tempo necessario che serve al feto per diventare un bambino e venire al mondo, e alla madre per prepararsi fisicamente ed emotivamente al nuovo compito meraviglioso e difficile che l’accompagnerà per tutta la vita.
Acque chiare e calma
L’attesa è diventata un momento da riempire, si perde così la sensazione di pace e calma che precede un’azione ponderata e significativa. Nel mondo della fretta nessuno aspetta più, il mare in tempesta che abbiamo dentro non ha il tempo di lasciare che il terreno del fondale si depositi, affinché le acque tornino limpide con la chiarezza della calma.
Quando le nostre acque sono sempre torbide e agitate ci muoviamo alla cieca, non riusciamo a stare fermi e a vedere la bellezza dell’attendere il giusto compimento, il momento esatto.
La comunicazione, per esempio, dovrebbe essere un’azione fatta dopo un’attesa riflessiva e dopo aver permesso alle acque torbide dello stato emotivo di ritornare limpide. Invece è diventata talmente veloce da essere governata solo dagli impulsi, con tutte le incognite che ne derivano.
L’autunno dentro
Sarà che oggi piove, sarà che l’albero che vedo dalla finestra si sta spogliando lentamente, sarà che adoro l’autunno, sarà che ho imparato a godere dell’attesa… quella sensazione magica di sapere che qualcosa sta per arrivare ma che non è ancora pronta, perché è talmente bella che ha bisogno di un po’ più tempo, di pazienza, di respiri profondi, di contemplazione del vuoto, di quel riposo fisico ed emotivo che precede un turbinio esplosivo di meraviglia e nuovi avvii.
Attendi ancora un po’, non c’è nessun posto speciale da raggiungere, non c’è nessuna meta, non c’è nessun traguardo, c’è solo da sentire, assorbire, meditare. Godere di un buon tè alla cannella e un libro speciale, del tepore del proprio corpo avvolto in una calda coperta. Presto arriverà l’inaspettato, preparati lentamente, respira profondamente e ascoltati.
Buona stagione dell’attesa…
Enrica