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Intimità

C’è una musica che arriva da lontano, sono le note dolci di un pianoforte, non so da dove, di sicuro qualcuno del vicinato ma qua siamo in tanti chi può dire da dove arrivi…

Sono precisamente sei mesi che abito in questo appartamento, a parte qualche buongiorno e buonasera, qualche commento sul tempo con il gioviale vicino di palazzo, non ho fatto conoscenza con nessuno. Non lo trovo necessario, penso sempre che tanto andrò via da qui, anche se non so quando. Oppure è semplicemente paura dell’intimità. Non credevo di avere difficoltà di questo tipo, è stata una scoperta abbastanza recente. Chissà da dove arriva, chissà se c’era anche prima o è qualcosa che è arrivato adesso? Forse dai due anni passati a stare lontano dalle persone, 1 m di distanza meglio 2, a non abbracciarsi e a non vedere se dietro la mascherina ci fosse un sorriso o una smorfia triste. Non lo so, forse nemmeno questa è la causa, forse dovrei andare ancora più indietro, molto più indietro. O forse non troppo indietro.

Ma non ha più importanza, ascolto le note di questo pianoforte e penso che le dita che stanno creando questa musica debbano essere davvero gentili, e che forse vale la pena lasciarsi andare, togliere tutti gli strati e permettere che accada questa temibile intimità…
O forse è meglio aspettare ancora un po’, non si sa mai.

Intimità significa esporti di fronte a uno sconosciuto. Siamo tutti degli sconosciuti, nessuno conosce nessuno. Siamo addirittura stranieri a noi stessi perché non sappiamo chi siamo.
[…]Devi accettarti nella tua totalità – se non puoi accettarti nella tua totalità, come puoi aspettarti che qualcun altro ti accetti? E tu sei stato condannato da tutti, e hai imparato solo una cosa: l’autocondanna.
-Osho

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