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Apri le braccia al vento

L’hai mai osservato un cormorano? Ha un corpo robusto e pesante e una importante apertura alare. Essendo un uccello che si ciba perlopiù di pesce, è sempre a contatto con l’acqua, e quando il folto piumaggio è bagnato per lui diventa difficile spiccare il volo. Allora si asciuga le piume appollaiandosi su scogli o pali della segnaletica marina ad ali aperte, contro vento!

Nel lanciarsi in volo sbatte con forza e chissà quanta fatica le grandi ali per sollevare il suo corpo pesante, nell’azione risulta molto goffo e sgraziato ma poi accade la magia; smette di agitarsi e vola senza più affanno. Il cielo lo accoglie, le correnti d’aria lo trasportano come se fosse senza peso e, proprio grazie alla sua apertura alare, percorre importanti distanze solo lasciandosi portare. Ciò che poteva sembrare un’avversità diventa un talento!

Il cormorano, forse, sa di essere pesante (consapevole dei suoi limiti), e sa che per volare più in alto deve asciugare il piumaggio (superamento dei limiti), anche se questo significa stare fermo per ore (pazienza, consapevolezza, sistema). E, probabilmente, non lo vede come un aggravio il grande sforzo muscolare che gli serve per volare.
Semplicemente vive e fa il cormorano, ciò per cui è nato.

Non invidia lo storno o il merlo, agili e veloci, o gli eleganti aironi, perché hanno un’altra storia da raccontare e un altro insegnamento da manifestare.

Il cormorano è l’esempio del metodo, della tenacia, della disciplina e della costanza nel perseguire il proprio obiettivo. E a questo proposito ho una bella storia da raccontare…

In un paese dove l’aria profumava di mare, dove il rosmarino nasceva e prosperava, dove le case erano scrostate dall’umidità dell’aria salmastra e dal vento che mai si placava; viveva una donna assai anziana di nero vestita.

I suoi occhi non avevano mai visto i monti o le grandi città, e i suoi capelli bianchi avevano lo stesso odore del mare e la sua pelle, scura e rugosa, profumava di Maestrale.

In quel piccolo borgo era temuta come si teme Dio e i pochi abitanti non incrociavano mai il suo sguardo, tranne una bambina, l’adorata nipotina che veniva tutte le estati dalla città per stare con lei. La bambina s’incantava a osservarla, e sussurrava alla nonnina che i paesani non la guardavano per invidia della sua accecante bellezza, facendo ridere la vecchina fino a farle sobbalzare la pancia e il seno abbondante.

Insieme camminavano lungo le spiagge più nascoste, e gli scorci di lagune e insenature che raggiungevano a piedi, o con una barchetta di legno, lungo verdeggianti sentieri tra canneti e alti Tamerici in fiore dal profumo dolce e fresco.

Ma era nei giorni di Maestrale che, di buon mattino, salivano l’alto pontile del porto e, insieme ai cormorani aprivano le braccia, e costoro le ali, lasciandosi sferzare dal vento.

Il freddo soffio portava loro profumi lontani, messaggi di genti dagli occhi chiari e cime antiche di grande saggezza. La nonnina a quel punto le raccontava sempre la stessa storia, e mai la piccina si stancava di sentirla, e con gli occhi sgranati di meraviglia ascoltava quella speciale novella:

Il Cormorano Nero, il più grande e imponente fra i cormorani, fu il primo ad aprire le ali al Maestrale, il vento lo vide e rimase affascinato da quel grande uccello dalle ali nere come la paura.

Così, lo fece alzare in volo e lo condusse con sé, tra terre sconosciute e mari immensi.

Il Maestrale gli insegnò la meraviglia della conoscenza e il segreto dei venti e le sue correnti.

Il Cormorano Nero tornò molto tempo dopo, le sue piume brillavano come Ematite nera e la sua apertura alare misurava come le braccia di un uomo robusto. La costanza e l’umiltà gli avevano permesso di essere rispettato dai venti, i quali cominciarono ad agevolare il volo di tutti i cormorani.
Da quel giorno i grandi uccelli neri aprirono sempre le ali al Maestrale per onorare la sua presenza, assorbendo nelle piume e nella memoria odori e immagini di terre lontane e immensi mari.

E per finire, la vecchina asseriva: i cormorani sono la dimostrazione che, un lavoro ben fatto ha bisogno di costanza e umiltà, non importa quali difficoltà la vita ti metta davanti; apri le braccia al vento e raccogli le sue storie. Onora il tuo corpo che sia pesante o leggero, e trova nelle difficoltà la corrente ascensionale propizia per volare più in alto.

Enrica

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